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La nostra tappa, all’insegna del divertimento e della spensieratezza, ha per protagonista “Il Carnevale di Misterbianco” (CT) che, avvolto dal fascino di antiche tradizioni e dopo un laborioso cammino che lo ha fatto approdare ai “Costumi più belli di Sicilia“, ha iniziato un’ascesa inarrestabile.

Dal 2007 è iscritto nel “Registro delle eredità immateriali” della Sicilia, da circa due anni tra i 71 “Carnevali Storici d’Italia” dal Ministero dei Beni Culturali. Oltre a questi importantissimi riconoscimenti, altri ne sono arrivati: dal 24 al 28 gennaio, infatti, una rappresentanza di 26 costumi misterbianchesi, grazie all’invito dell’Ente al Turismo Cinese, è approdata, per il famoso Capodanno Cinese, all’Intenational Chinese New Year Carnival ad Hong Kong; un altro invito arriva dalla Costa Azzurra e, precisamente, da Mentone, per la sua “Fête du Citron” dal 27 febbraio all’1 marzo e dalla Tunisia, che ha richiesto 80 costumi dal 17 al 26 marzo. In estate, infine, altri eventi in Arabia Saudita.

Insomma, l’operosità della comunità di Misterbianco e dei suoi amministratori, può farci ripetere quello che speriamo diventi un leitmotiv: “La Sicilia nostra si fa onuri“. Anche l’edizione 2020 dedicherà tre momenti ai Costumi più belli di Sicilia, che sfileranno con i carri scenografici, per le vie del Centro Storico, domenica 16 , domenica 23 e martedì 25 febbraio. Sabato 22, invece, un elegante défilé dei migliori costumi della edizione 2020 che vedrà come ospite d’onore Cristiano Malgioglio, cantautore e showman siciliano, protagonista attualmente de “La Repubblica delle donne“, di cui il Deus ex machina è il geniale Piero Chiambretti. Prima di penetrare nei dettagli del programma, a cui abbiamo già accennato, raccontiamo le origini di questo straordinario Carnevale.

Il Carnevale di Misterbianco dalle origini ai giorni nostri
Il primitivo modello del Carnevale di Misterbianco nasce negli anni quaranta da una antica tradizione legata alle “Maschere”, una sorta di commedia dell’arte siciliana che impegnava improvvisate compagnie locali in recite di vere e proprie “farse” singolari e grottesche. “‘A Maschara” veniva rappresentata nei quartieri più antichi e popolari del paese e sin dal suo debutto, la domenica di carnevale, era accolta da migliaia di misterbianchesi che, dopo il tradizionale pranzo a base di salsiccia e “maccaruni a setti puttusa”, maccheroni con sette buchi, si riversavano nelle strade per non perdere il tanto atteso spettacolo.

Nella “Mascara” si trovavano noti personaggi locali che, nel rispetto di un canovaccio rigorosamente scritto in vernacolo e come veri istrioni, affascinavano il pubblico con trovate, doppi sensi e dicerie. Questi talentuosi “poeti dialettali”, negli anni del dopoguerra, ripresero con maggiore vigore questa rappresentazione, aggiungendo alla satira di costume i mutamenti sociali, culturali ed economici conseguenti ai misfatti dei recenti eventi bellici. In tempi segnati dalla povertà, l’unica oasi di divertimento restava il carnevale e fu, in quel particolare periodo, che nacquero “I tambureddi”, locali da ballo al chiuso realizzati all’interno di case dove, giovani e meno giovani, rigorosamente mascherati, sin dalle prime ore del pomeriggio, si immergevano nel vortice gioioso della festa accompagnati dalle musiche di tamburini e fischietti o dal suono di un grammofono a tromba.

Negli anni cinquanta a questo modello di ritrovo si aggiunsero “I fistini”, approntati per l’occasione in quasi tutti i quartieri del paese, dove la musica, la danza e l’allegria la facevano da padrona per l’intera notte. Questi frequentatissimi veglioni erano preceduti dal “ballo in piazza”, luogo che, fino agli anni settanta, resterà protagonista assoluto, un palcoscenico senza confini pronto ad accogliere, ogni sera, i giovanotti del paese che, esposti come in una vetrina, aspettavano ai bordi della piazzetta che le ragazze, chiuse dentro un “dominò” di raso nero, con cappuccio, maschera e veletta, venissero ad invitarli a ballare.

 

Indossando questo tipico costume, che le rendeva assolutamente irriconoscibili,  erano le donne a poter condurre il gioco e prendere l’iniziativa. Di solito “le babbalute”, così venivano chiamate queste “incappucciate”, sfruttavano quell’occasione per giocare con l’arte della seduzione. Una sorta di capovolgimento sociale tra il maschile e il femminile, come per i Saturnali tra i ceti dominanti e i dominati. In quel carnevale d’altri tempi si aspettava il “giovedì delle comari”, antecedente al giovedì grasso, in cui sempre le donne, protagoniste assolute, andavano in giro a farsi visita per commentare, mangiare assieme e, magari, sognare nuovi amori, consolidare vecchie amicizie e crearne di nuove.

Un fascino particolare assumeva, anche, il martedì grasso, quando i personaggi storici di quel carnevale, i tanti paesani che avevano innato il senso dell’improvvisazione, si scatenavano nella “cuppiata”, il lancio di uova, cannoli e panzerotti: una vera battaglia che iniziava nelle prime ore del pomeriggio e si concludeva all’imbrunire, imbrattando i muri e mietendo vittime soprattutto fra gli ignari forestieri; ma si sa che “a Carnevale ogni scherzo vale e…”
Altrettanto suggestivo e di grande fascinazione, prima delle ceneri, era il rogo purificatore del Re Carnevale, un pupo di pezza, realizzato con fieno e paglia, vestito con vecchi stracci e agghindato a festa con collane di salsicce, che era facile vedere sui tetti, nei cortili o sui cancelli delle case. Quella fiammata, che sprigionava il fantoccio, era una sorta di liberazione dagli eccessi alimentari e amorosi commessi durante il periodo.

Quella era, pure, l’epoca dei “Callà..uss!”, altro scherzo che i giovani, nella settimana grassa, avvicinandosi furtivamente alle spalle dei passanti facevano, sporcandone i vestiti con gessetti farinosi e dell’”A’ntinna”, albero della cuccagna, un palo unto di grasso e sapone sulla cui cima pendevano appetitosi premi: prosciutti, salsicce e altri generi alimentari. Per scalarlo i concorrenti si organizzavano a squadre, si disponevano a piramide e, aiutandosi con cenere e farina, cercavano di attenuarne la scivolosità per aggiudicarsi la ghiotta vincita.

Con la fine degli anni settanta molte di queste “consuetudini grasse” scomparvero e iniziò ad emergere l’odierna struttura del carnevale. In quegli anni qualche sparuto gruppo cominciò a organizzare le “maschere spontanee”, facendole sfilare per le strade del centro storico di Misterbianco. Nacquero i primi rudimentali carri e i prototipi dei primi costumi. Gli anni ottanta segnarono la svolta storica e, grazie all’intuizione geniale dei soci del CUP (Circolo Universitari e Professionisti), fecero la loro apparizione per le vie del paese i primi fantasiosi costumi che, in breve tempo rimpiazzarono i “veglioni”, il “ballo in piazza” e l’uso dei luccicanti “dominò”.

Il 1981 può essere definito l’anno zero del carnevale misterbianchese. Pionieri della storica sfilata furono un gruppo di amici che facevano capo a Turi Campanazza e Tanino Squadrito, i primi “capi popolo” della cittadina. Percorrendo un tratto della via Garibaldi, gli sfidanti presentarono rispettivamente l’OLD WEST e INTERNATIONAL CIRCAZZO con un risultato  entusiasmante che vide i partecipanti, impegnati nei preparativi e nella sfilata, auspicare una ripetizione annuale dell’iniziativa. Da allora le mura del centro storico, cariche di fascino, hanno fatto da cornice a carovane di sfilate di carri scenografici e costumi.

A Misterbianco, inoltre, si trova il Museo dei “Costumi più belli di Sicilia“, che ha sede presso lo “Stabilimento Monaco”, antico opificio industriale distrutto da un incendio nel 1922 e completamente ristrutturato nei primi anni duemila. Dallo ieri passiamo all’oggi e penetriamo nel programma del Carnevale di Misterbianco 2020.

 

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